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IL FEMMINILE

Che cosa significa nascere femmina e diventare donna oggi?

La femminilità è un argomento di grande complessità, riguarda il rapporto con il corpo, la relazione con la propria madre, l’amore, la vocazione professionale, lo sguardo dell’altra persona. Questi sono solo alcuni dei nodi centrali del percorso di crescita femminile che può seguire linee diverse e intrecci del tutto personali.

Già negli anni Settanta, nelle famiglie, l’educazione delle donne cambia soprattutto in riferimento a valori nuovi che riguardano la femminilità e la maternità. Le donne iniziano a pensare alla propria carriera professionale, iniziano a sperimentare una sessualità sempre più libera, spesso separata dal matrimonio e, di conseguenza, le giovani donne non devono per forza cercare un marito per essere tali, la ricerca è soprattutto una ricerca di sé stesse.

Cosa succede oggi, nell’epoca della post-modernità?

Fino alle rivoluzioni di fine anni Sessanta il passaggio a diventare donna era piuttosto semplice e nitido, per essere considerata pienamente matura una donna doveva sposarsi e diventare madre, non c’erano altre mete o prove particolari da superare, a parte qualche eccezione, era tutto molto prevedibile.

Oggi non è più così, sappiamo bene che la realizzazione di una donna attraversa molti ambiti e si distribuisce su ruoli differenti che richiamano soggettività diverse e in continuo movimento.

Ci sono istanze biologiche e culturali che accumunano le donne oggi, ma non c’è più uno stile femminile codificabile come poteva esserci fino agli anni ‘60-’70 del secolo scorso, per cui quando incontriamo una giovane donna oggi non abbiamo idea, ad esempio, di come si rappresenterà la maternità, aspetto invece prevedibile fino a qualche decennio fa.

Possiamo dire che la maggior parte delle donne, soprattutto quelle che hanno una condizione economico-sociale incerta e quindi la necessità di essere flessibili, insegue un equilibrio tra lavoro, anche se da casa, famiglia e se stesse, in bilico tra prospettive professionali e desiderio di maternità. Spesso si ritrovano ad avere genitori anziani e figli molto piccoli; potrebbero essere in coppia, separate, singole, omosessuali, protagoniste di diritti calpestati, di leadership mancate e di autostima incerta, dove i valori tradizionali, quali la pazienza, la castità, la generosità, l’attesa, la prudenza, la modestia non sono più al centro della loro educazione, anzi sono valori intensamente in contrasto con ciò che la donna oggi è/o vorrebbe essere, cioè principalmente libera e riconosciuta.

Sentiamo dire che le donne sono multitasking, alcune lo sono per scelta, altre lo sono per necessità, comunque sia i tempi del multitasking generano un grande affaticamento, perché è un tempo saturo di tutto e spesso le tante cose da fare creano un conflitto non solo all’interno della singola soggettività, ma anche nella relazione di coppia.

Non sempre identità femminile e identità materna vanno di pari passo, questo aspetto scatena spesso una forte ambiguità nella donna. Nella nostra cultura il concetto di maternità è rimasto troppo tradizionale rispetto a una donna abituata a scegliere, a cambiare, ad essere libera, per cui non riuscire ad integrare queste due parti crea conflittualità.
Per liberarsi dallo stereotipo antico e ormai superato della donna passiva, fragile, sottomessa e dipendente, il femminile oggi spinge verso modelli di altissima prestazione, per cui non solo diventa difficile misurarsi con il limite, ma le proprie fragilità vengono vissute con vergogna.

Sul tema dell’identità femminile sono le stesse madri che spesso si pongono come sostenitrici dell’emancipazione delle bambine, forse proiettando, un po’ troppo spesso, degli ideali personali che diventano faticosi da sostenere perché in realtà sono bambine, sono adolescenti che vivono la questione in termini diversi, ma che finiscono per assumere su di loro degli ideali di performance, di eccellenza, dettati in realtà da messaggi impliciti ereditati dal femminile stesso che persuade verso un’emancipazione da combattere ancora attivamente, in cui bisogna scendere in campo.

Se da un punto di vista lavorativo è più facile che la donna postmoderna immagini di trovare un lavoro, magari di perderlo e di cercarne un altro e da un punto di vista affettivo riesca a legittimarsi la scelta del partner o magari il fatto di poterlo successivamente lasciare, non sembra ancora sdoganata la rappresentazione di una donna che possa decidere quando, se e come avere figlio perché nella rappresentazione comune il codice materno non si è affatto modificato, l’immagine di donna è rimasta legata al passato, quindi ad un’esaltazione della maternità, in cui la donna deve essere sempre presente, affidabile, disponibile spesso fino alla rinuncia e al sacrificio.

Gli studi sociologici dimostrano quanto sia difficile per una donna oggi decidere di avere un figlio in una condizione di difficoltà economico-sociale, ma una lettura di questo tipo sarebbe parziale. Il progetto di vita personale è cambiato e molte donne non sono più disposte ad annullarsi né per la maternità né per altro, molto spesso rimandano la maternità semplicemente perché non si abbina più alla femminilità postmoderna, finendo per evitarla o non realizzarla, perché ormai troppo tardi.

La maternità oggi è oggetto di una scelta personale e di coppia e in questa scelta la donna è spesso alla ricerca di un punto di equilibrio fra codice femminile e codice materno, abbiamo visto come la figura femminile si sia emancipata, ma quella della madre no.
D’altra parte le politiche istituzionali e sociali non tutelano la donna, anzi è come se continuassero a delegarle tutte le incombenze della famiglia, perpetuando la necessità di una donna tradizionale che deve prendersi cura di tutti i bisogni degli altri e magari non dei suoi.

In questa ambiguità come la donna più integrare il femminile e il materno senza sensi di colpa, senza rinunce e senza frustrazione?

Sembra quasi che non si possa parlare di donne alle quali l’idea della maternità produca uno stato di angoscia, di cristallizzazione, anziché un’attesa desiderata, inevitabilmente verrebbe etichettata come una cattiva donna e di, conseguenza, come una cattiva madre, ma la clinica della fecondazione assistita e la depressione post partum, ad esempio, evidenziano chiaramente alcune delle fatiche delle donne di oggi, spesso non ascoltate, non accolte, giudicate e pressate.

Razionalmente molte donne si accettano così, ma spesso una voce dentro e/o fuori di loro tenta di farle sentire sbagliate, le emargina, facendole sentire sole, diverse e fuori tempo massimo.

E tu che tipo di donna ti senti?

Che tipo di donna sei diventata?

Ti senti ingabbiata nello stereotipo tradizionale?

Oppure ti senti sufficientemente emancipata, libera e autonoma di vivere la vita che hai scelto?

 

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Dott. ssa Tatiana Filomeno – Psicologa Clinica – Consulente in Sessuologia – Esperta in educazione sessuale
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