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COGLIERE L’ESSENZIALE: LA TESTIMONIANZA DI MICHELA MURGIA

La rivelazione

Nelle scorse settimane le maggiori testate giornalistiche italiane hanno dedicato più di qualche articolo all’intervista rilasciata per il Corriere della Sera dalla scrittrice Michela Murgia in occasione del lancio del suo ultimo libro “Le tre ciotole” (6 maggio 2023, www.corriere.it/cronache/23_maggio_06/michela-murgia-intervista)

La rivelazione è stata come una doccia fredda, al pari di quella che colpisce tutte le persone che ricevono una diagnosi infausta: la scrittrice è affetta da un tumore al rene al quarto stadio con metastasi in varie zone del corpo, lei commenta “dal quarto stadio non si torna indietro”.

Il processo trasformativo

La breve riflessione di questo articolo non vuole commentare le scelte terapeutiche o le modalità della scrittrice di “sistemare” ciò che potrebbe lasciare: vuole essere una breve sosta per osservare da vicino la testimonianza di questa incredibile donna.

La scrittrice rifiuta di usare il registro bellico per commentare il suo stato: spesso il lessico oncologico è costellato da locuzioni come “combattere una battaglia” o “affrontare il male oscuro”. Michela Murgia sceglie di guardare al tumore come un processo trasformativo, nel quale lei si pone quasi con un atteggiamento di benevolenza: “Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa”.

L’occasione per imparare a vivere nell’essenziale

La vita col cancro è costituita da fasi che si alternano tra angoscia, paura, rabbia, disperazione e… accettazione: “ Il dolore non si può cancellare; il trauma sì. Si può gestire. Hai bisogno di tempo per abituare te stessa e le persone a te vicine al transito. Un tempo per pensare come salutare chi ami, e come vorresti che ti salutasse”.

Come capita spesso a coloro che soffrono di una malattia, la percezione del tempo cambia e acquisisce un significato più profondo: ogni attimo viene vissuto nella dicotomia tra vita e la morte; il momento attuale è da vivere in pienezza proprio perché si sa che la fine si avvicina.
Non si tratta di negare il pensiero della morte, ma di accoglierla come la parte nascosta, e forse preziosa, di vivere la vita: La malattia non è una catastrofe, ma un pezzo della mia vita che vale come gli altri e non voglio trattarla come un segreto oscuro o una cosa di cui vergognarmi”.

Il dolore affrontato con umanità

Si potrebbe pensare che, dal punto di vista del benessere psicologico, affrontare la malattia sia un lavoro in negativo, ovvero lo sforzo di diminuire o di cancellare i sintomi ansiosi e depressivi che una malattia comporta. Ma forse è utile pensare che la malattia sia parte della vita e, come molti altri eventi dolorosi, possa essere integrato nella propria storia. Ogni evento segna il nostro modo di guardare il mondo: forse la malattia può essere quell’occasione nella quale può emergere la parte più umana e vulnerabile di noi, dove l’autenticità e gli affetti diventano il linguaggio quotidiano.

Durante il percorso di cura, la persona può sperimentare una nuova versione di sé nella quale non ci si deve solo adattare alla malattia, ma si può crescere come esseri umani. Questo concetto viene chiamato “crescita post-traumatica”1: è il processo attraverso cui la persona, a fronte di circostanze di vita sfidanti e dolorose, trova nuovi significati positivi della propria vita, una nuova prospettiva su di sé e un nuovo modo di percepire se stessa e le relazioni significative.

Quale terapia?

In questa prospettiva dove vita e morte si intrecciano, dove amore e dolore si arricchiscono a vicenda, può comunque nascere la speranza: “Ammalarsi è normale, curarsi è normale e anche scegliere in cosa fermarsi è normale. Non tornerà tutto come prima, ma quello che verrà dopo potrebbe persino essere meglio. Diamoci il tempo di farlo succedere”

Non sappiamo cosa ci sia nel cuore di Michela Murgia, ma certamente sappiamo raccogliere l’insegnamento nelle sue parole: a volte la vera terapia non è la guarigione dal male, ma cambiare lo sguardo verso di esso.

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Ad Althea Centro Salute puoi parlarne con la psicologa dott.ssa Anna Cavedon specializzata in psico oncologia.

Per informazioni e per appuntamenti: dott.ssa Anna Cavedon – psicologa clinica
Cell: 351 651 2393
email: annacavedon.psy@libero.it

1 Tedeschi R.G., Calhoun L.G. (2004). Posttraumatic growth: Conceptual foundations and empirical evidence. Psychological Inquiry, 15, 1–18